Sono bastate due bustine di tè, comprate durante un viaggio a New York, a imprimere una svolta al mio destino.
In campagna sono di casa, ma Milano…
Mi chiamo Laura Calosso e abito in campagna appena fuori Asti, città dove sono nata. Ho sempre vissuto in Piemonte ma ho avuto la fortuna di girare tanta parte del mondo e vedere cose che il processo di globalizzazione ha pian piano cancellato o stravolto.
Certo, rispetto a Milano, così vivace e in costante cambiamento, la provincia è sofferente: spesso bisogna davvero sforzarsi per trovare il modo di essere felici in città dove sempre più negozi chiudono e il degrado è desolante. Credo sia stata proprio questa costante necessità di re-inventarmi che mi ha portato a essere la persona che sono oggi.
Scrivere, scrivere e ancora scrivere
Da piccola non sognavo un mestiere in particolare. Mi piaceva molto leggere e ricavavo grande piacere nel maneggiare penne e colori, ancora di più dal chiedere sempre il perché delle cose per capire a fondo la realtà.
Sarà forse questa curiosità ad avermi indotto a scrivere. Ho iniziato a 16 anni per un bisettimanale locale che pubblicava “Intervallo” un inserto gestito dagli studenti. Da marginale, la scrittura è diventata il mio mestiere. Ho intrapreso un percorso giornalistico passando per la “gavetta” della redazione locale. L’obiettivo – almeno così lo avevo immaginato – era quello di andare all’estero e lavorare per un grande giornale come inviato in aree di crisi.
A stravolgere il percorso è stato un viaggio negli Stati Uniti. Dopo essere stata per un mese dai miei cugini in California, sono andata a New York. Una banale confezione di tè verde comprata in una farmacia di Manhattan ha scatenato – a distanza di sei mesi una dall’altra – due epatiti tossiche di grave entità. Solo dopo tempo è stata accertata la causa (il tè verde può causare reazioni tossiche anche gravi) ma intanto i ricoveri ospedalieri si erano susseguiti, ero stata sottoposta a esami di ogni tipo e avevo visto intorno a me tante persone soffrire. Forse, per capire la vita non era necessario andare in zone di guerra: questo è il messaggio che ho colto durante quel brutto ma istruttivo periodo della mia vita.
L’esperienza che avevo fatto mio malgrado mi aveva debilitato e mi aveva reso insicura: sentivo che le mie scelte professionali non erano più coerenti con i miei obiettivi di vita e tutto questo generava sofferenza e confusione. Non riuscivo a immaginarmi una vita diversa rispetto a quella che avevo progettato ma mi rendevo conto che non era quella la vita che volevo.
Quando oggi rifletto su quel periodo penso che è importante pianificare sempre ma – a differenza di allora – accetto il fatto che la vita fa ciò che le pare: può stenderti un tappeto rosso, oppure togliertelo all’improvviso da sotto i piedi. Se ci si ferma all’impedimento che si presenta o, ancora peggio, al pensiero che qualcosa ci sia stato sottratto, beh, si rischia di commettere un errore fenomenale.
Nel momento in cui la vita cambia per un fallimento o anche per un grande successo, è importante andare oltre e chiedersi, al di là dell’evento, cosa ci viene in termini di crescita e conoscenza. In questo modo si supera la rigidità nel pensare che il successo sia sempre positivo così come sempre negativo il fallimento. Il confine tra i due ambiti non è invece così netto.
Tornando al mio “periodo difficile”, è stata la mia salute a dettare la linea. Ogni volta che prendevo una decisione un nuovo problema ostacolava i miei progetti. A un certo punto mi sono ritrovata a lavorare in aziende come addetta Ufficio Stampa. Successivamente mi sono occupata anche di Sistema qualità e controllo. Molte delle cose che ho visto e imparato in quell’ambito mi hanno ispirato il romanzo La Stoffa delle donne, in cui ho inserito dinamiche osservate direttamente sul campo.
La nostra sola giustificazione, se ne abbiamo una, è di parlare in nome di tutti coloro che non possono farlo.
(Albert Camus)
Capire le dinamiche tra esseri umani, costruire gallerie di personaggi osservando la realtà, mi ha portato a fare ciò che avevo a cuore, passando però per una strada del tutto diversa da quella che avevo immaginato all’inizio della mia carriera.
Romanzi e vita vissuta
Quindi? Vivo la vita normale come se fosse un’avventura. Fortuna e sfortuna non esistono, secondo me, e credo che sia proprio il background di ognuno di noi il carburante che può trasformare la realtà e la nostra stessa vita. E’ importante comprendere che è il modo in cui leggiamo ciò che ci succede (e non la sola realtà dei fatti) a generare il nostro spostamento nella realtà.
Ho dunque cominciato ad accettare la mia dimensione fatta di imprevisti e ad affezionarmi al mio destino . Questo atteggiamento mi ha portata a dare un peso diverso alle cose. Nel corso del tempo la mia famiglia si è allargata con la nascita delle mie due splendide figlie e l’arrivo di quattro cani, tre gatti e due tartarughe. Ho preso una seconda Laurea Specialistica in Letteratura Tedesca che si è aggiunta a quella in Scienze Politiche e al Diploma della Scuola di Giornalismo. Sono riuscita man mano a vedere gli effetti positivi di ciò che mi era capitato e che per un lungo periodo avevo solo creduto di subire.
Adesso, ho questa mia vita da scrittrice che mi piace moltissimo, che moltiplica la mia esperienza del mondo e, soprattutto, mi permette straordinarie interazioni umane. Infatti, quando partecipo a presentazioni di libri, non penso a quel momento in relazione al romanzo o al mio essere scrittrice, ma al tipo di dinamica che si instaura con i presenti. Si rafforza in me sempre di più la consapevolezza che arrivare rigidi sugli obiettivi personali, rischia non son solo di guastare l’istante ma anche – per paradosso – di portare fuori strada rispetto alla propria vera natura.
Le esperienze dolorose hanno ribaltato il mio punto di vista sulla vita e se da giovane pensavo di dover studiare per raggiungere i miei obiettivi a tutti i costi, da grande ho smesso di giocare alla vita come si gioca al Monopoli. Quando una cosa mi capita, non mi interessa la cosa in sé, guardo oltre e mi chiedo: a cosa mi serve? A cosa mi porta?
Il senso dell’ironia è ciò che mi ha sempre salvato dagli altri e da me stessa. Non ho intenzione di diventare decrepita prima di arrivare a capire la vita, ci provo ogni giorno mettendo costantemente tutto in discussione. Preferisco vedere le cose per come sono piuttosto che nascondermele, anche se questo comporta una certa dose di sofferenza.
Avere ragione non è mai la cosa più importante.
(Stephen Littleword)
Da qui, nasce una scrittura che mi corrisponde profondamente. Non potrei mai scrivere di quello che “potrebbe piacere”. Dato che la qualità di ciò che si fa incide su tutto quello che succede intorno, ho scelto di aderire a quello che penso di essere, per non dovermi pentire mai delle mie scelte e soprattutto non quando potrebbe essere troppo tardi.
Laura Calosso e Milano
Il mio primo romanzo, ancora inedito, si intitola “Un passo indietro” e ha avuto una menzione di merito al Premio Calvino nel 2008/2009. Successivamente, Mondadori ha pubblicato A ogni costo, l’amore il cui titolo originale era “L’ultima vita”. Gli avevo dato quel titolo perché contiene storie di persone irresponsabili, tanto irresponsabili da non vedere oltre se stesse: volevo descrivere l’inesorabile caduta di chi persegue i propri obiettivi senza ritegno, a scapito di tutto ciò che sta intorno, persone comprese.
Poi, con SEM Società Editrice Milanese, ho pubblicato La stoffa delle donne dove Milano fa da sfondo alla storia di una donna che abbandona tutto. Ho scelto la città meneghina perché scrivere un romanzo significa anche saper scegliere il contesto che renda plausibile la storia da raccontare: la fuga improvvisa di una madre di famiglia è più plausibile a Milano che nella provincia più profonda, dove anche la ribellione è sottoposta ad autocensura. A Milano tutto è invece possibile.
Intervista a Laura Calosso – SEM Libri
"La condizione delle donne spesso non è delle migliori"Ai giovedì di SEM, Laura Calosso parla del suo nuovo romanzo "La stoffa delle donne" concedendosi ai microfoni di Radio SEM, dicendo che…Guarda il video! #SEMLibri #FacciamoStorie #IGiovediDiSEM #LaStoffaDelleDonne
Pubblicato da SEM Società Editrice Milanese su Venerdì 10 marzo 2017
Milano è una città che conosco e ho sempre frequentato anche quando non avevo ragioni professionali per farlo. Quando voglio fuggire da Asti, Milano è la mia meta ideale. Torino, una città che amo perché lì ho studiato, rispetto a Milano è ancora molto provinciale. Il Piemonte è la mia regione, ci vivo da sempre e ci sono affezionata ma è innegabile che rispetto alla Lombardia fatichi a superare i propri limiti in quanto ad apertura mentale.
Milano è la città della possibilità dove sono concentrate cultura, industria, tecnologia e molto altro. Una mostra, uno spettacolo a teatro, a anche solo il gironzolare per la città … sono tutte buone ragioni per venire nella metropoli!
Mi piace perdermi, mi piace andare nelle zone che Dario Crapanzano racconta nei suoi romanzi gialli, i quartieri storici dove cerco qualcosa della provincia da cui provengo, un po’ come se cercassi sempre casa mia, ma con il vantaggio di essere anonimi tra la folla, una garanzia contro la sindrome del giudizio e il conformismo della provincia.
Milano dà energia e possibilità di esprimersi ma sono contenta di viverci portandomi appresso il mio bagaglio di vita vissuta in disparte, quel senso di appartenenza alla provincia che ti richiama a sé dopo ogni fuga. Non mi piace la spersonalizzazione che la grande città rischia quando dimentica le proprie origini.
Progetti futuri?
Ho terminato di recente il mio terzo romanzo che è al vaglio dell’editore, dovrebbe uscire a breve. Ancora una volta, tra i temi di fondo, c’è l’irresponsabilità, la mia lente preferita per guardare il mondo e spiegare tante cose che spesso ci risultano enigmatiche.
Oltre a questo, sto portando avanti un progetto per divulgare la buona prassi del whistleblowing.
Il whistleblowing consiste nel denunciare le illegalità commesse in aziende pubbliche o private. Ho trovato illuminante a questo proposito la lettura de Il Disobbediente, il libro in cui Andrea Franzoso racconta la sua storia personale di whistleblower che gli è costata il posto di lavoro. Oggi a tutela di chi denuncia esiste una legge pubblicata in data 14 dicembre 2017 sulla Gazzetta Ufficiale, dal titolo “Disposizioni per la tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell’ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato”.
E’ importante far comprendere che gli illeciti commessi in ambito pubblico e privato danneggiano la collettività e che il whistleblowing è un atto compiuto in buona fede con finalità di salvaguardia del bene comune. I whistleblower sono i nuovi eroi contemporanei e non banali spioni come vengono etichettati nei Paesi arretrati e omertosi con scarso senso civico.
Forse (il mio gesto) è stato inutile, ma lo rifarei cento volte. Il problema è culturale e occorre tempo e insieme gesti come, penso, il mio. Vorrei che si capisse che la corruzione è nemica della giustizia sociale.
(Andrea Franzoso)
Un’ultima cosa che voglio consigliare ai milanesi: migliorate la vostra città attraverso il decoro urbano in termini di pulizia (marciapiedi) e soprattutto muri.
Io sono appassionata di Street Art, quando vado a Londra faccio sempre il tour nei quartieri dove viene praticata con intelligenza. Mi piacciono i murales e li considero opere d’arte. Ma l’arte non coincide con l’imbrattare i muri e riempirli di scritte sgrammaticate. Quando vengo a Milano e osservo l’architettura dei palazzi, passeggio in viali meravigliosi, vorrei godere a pieno la bellezza di una delle mie metropoli preferite!Vuoi restare aggiornato su tutte le storie pubblicate su MilanoCool.it? Metti un Mi Piace e condividi con i tuoi amici!