Milano è la mia città d’elezione e mi ha stregato
E’ proprio vero che la storia si ripete. Quando mio padre emigrò in Germania negli anni ’60 non trovò certo una calda accoglienza. Trent’anni dopo, arrivata a Milano, ho trovato un clima analogo: quante volte mi sono sentita dire che non si affittavano appartamenti a “quelli del sud”!
Io appartengo all’unica razza che conosco, quella umana.
(Albert Einstein)
Ma io sorridevo cordiale e passavo oltre. Avevo scelto Milano come città d’adozione e qui, avevo deciso, sarei rimasta. In barba ai leghisti.
Salento, periferia d’Italia
Mi chiamo Antonella e sono nata in terra salentina nel 1970, un’epoca in cui in molti “qui al nord” non avrebbero saputo collocare gli splendidi luoghi della mia infanzia. Il Salento, insomma, era come un bellissimo uomo avvolto nei colori del mare delle Maldive, ma senza poter godere della relativa fama.
Per quanto bello, però, il paese mi stava stretto. A 19 anni, ho rinunciato al mio sogno di bambina dedita alla danza e, al termine del Liceo Artistico, mi sono armata di coraggio e sono partita.
La mia meta era Milano, LA città per eccellenza.
In testa, avevo l’idea di studiare design, ma giunta a destinazione, mi sono innamorata di un percorso proposto dall’università Cattolica e mi sono iscritta alla facoltà di Lettere con indirizzo in Comunicazione.
Amici per la vita e qualche difficoltà
Sono stati anni duri, pieni di studio ed approfondimenti. Ho condiviso l’appartamento con le persone più diverse ed ho creato le amicizie più salde.
Sono stati anni di meravigliosa condivisione di mostre, seminari, incontri culturali e interminabili chiacchiere di amori perduti o ritrovati.
Il tutto condito da una ristrettezza economica che poteva sembrare un impedimento. Ma Milano ha la fortuna di essere molto democratica e, per certi versi, popolare. L’apertura che questa città ha sempre avuto sul mondo, la sua naturale inclinazione internazionale, mi hanno permesso di vivere bene con poco.
C’è da dire che né io, né le mie amiche amavamo la frenetica vita sociale che si divide tra discoteche e locali. Preferivamo andare al cinema e, con sole 7.000 lire, ci garantivamo la carica per tutta la settimana.
Poter condividere è poesia nella prosa della vita!
(Sigmund Freud)
E se proprio dovevamo scegliere un luogo di ritrovo, non avevamo dubbi: La Belle Aurore in via Abamonti 1, con il suo stile da bistrot parigino condito con un pizzico di Mitteleuropa, era il luogo ideale per studenti e giovani stranieri in visita.
Ciò che, però, mi piaceva di più era girare a zonzo per le vie e viuzze milanesi, perdendomi volontariamente. Ed è attraverso una cara amica che ho conosciuto la Milano più profonda che, alla fine, mi ha rapita.
Non tutto il male viene per nuocere
Purtroppo, al termine del mio percorso di studi, mi sono accorta che la comunicazione faceva il paio con competizione: per una come me, energica ma tranquilla, che camminava sempre con il naso all’insù alla ricerca dei tesori che Milano nascondeva, non c’era spazio nel campo della conquista del cliente a suon di slogan.
Certo, la comunicazione era implicita nella mia passione per la scrittura, ma mi mancavano la pace e la pienezza che solo l’arte sapeva trasmettermi e il senso di utilità sociale che sentivo di voler dare al mio lavoro.
Sarà per questo mio desiderio, o per semplice fortuna, che dopo aver frequentato un corso per Assistente di galleria d’arte e qualche prestazione gratuita (ahimè!), ho trovato il mio posto all’interno dell’Associazione Nazionale Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea.
Intraprendere iniziative a favore delle arti figurative ha unito tutte le mie passioni!
Milan l’è un grand Milan…
Trovato il lavoro e messo su famiglia, Milano è diventata la mia città del cuore perché ha una dimensione locale ancora forte, dentro una sconfinata aspirazione internazionale.
Mi spiego. Una delle zone più belle è, secondo me, piazza Gae Aulenti. Lì si respira in pieno la spinta innovativa e globale che Milano cavalca.
Al tempo stesso, però, la piazza esprime la sua natura “sociale” come luogo di incontro, così come è ancora oggi in molte città europee.
La piazza era una istituzione nel paese dove sono nata. Ce n’era una dedicata ai giovani. Non ci si poteva sbagliare.
Anche se non avevamo la possibilità di accordarci, perché non avevamo a disposizione telefonini e relative app, se andavi in piazza eri sicuro di trovare qualche amico con cui passare il pomeriggio.
E che dire dell’uso fatto del verde che, come un giardino scomposto, si arrampica sui palazzi conferendo loro una vitalità inaspettata? Semplicemente magnifico!
Milano contiene tutto e, ogni volta che mi sposto, la città assume per me il significato del viaggio, dell’andare alla scoperta di luoghi nuovi, raccogliendo qualcuna delle molteplici proposte culturali in circolazione. Quest’anno, per esempio, sono andata al Mudec a vedere la mostra Kandinskij, il cavaliere errante. In viaggio verso l’astrazione. Adoro l’arte del ‘900 perché ha educato al bello la mia gioventù e mi permette di entrare in contatto con la mia parte più emotiva.
La Milano dei miei sogni
Se vi dico che di Milano mi piace anche la nebbia, mi credete? Per chi, come me, è nato in luoghi soleggiati, anche questo è motivo di stupore.
Pensando come madre all’eredità che vorrei raccogliessero i miei figli, spero che Milano riesca ad essere una città europea, senza dimenticare la sua dimensione di accoglienza, senza tradire la propria anima volta all’umano.
Ritengo anche che sia necessario il miglioramento del servizio pubblico: un collegamento ottimale e capillare tra tutte le zone dell’area metropolitana annulla l’esistenza delle periferie e questo, a cascata, non può che favorire la sicurezza della città.
Il miglior modo per predire il futuro è inventarlo.
(Alan Kay)
Il mio futuro? Direi che è un work in progress che, al centro, ha la ricerca di opportunità per me ed i miei ragazzi.
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